Avevo già affrontato il problema della deriva cardiaca col caldo e con gli allenamenti lenti aerobici di quest'estate che usavano la frequenza cardiaca e non il passo. Preso per assodato che si tratta di un fenomeno fisiologico normale e naturale mi risultava e risulta tutt'ora difficile da valutare e da considerare negli allenamenti.
Intanto una definizione brevissima e sintetica: la deriva cardiaca è l'aumento delle pulsazioni nonostante il ritmo di corsa resti inalterato.
Ho trovato altri contributi che mi sembrano importanti e ho deciso di
tenerne traccia qua, sempre con lo spirito del blocco appunti personale.
Intanto l'immancabile e prezioso contributo di Orlando Pizzolato, un articolo sulla valutazione in termini quantitativi della deriva cardiaca, che a tal proposito sul numero di Correre di gennaio 2012 diceva:
"[...] Come mai succede questo? Con il passare dei chilometri di corsa nel corpo si manifestano una serie di processi fisiologici che portano ad una perdita di efficienza. Tra i tanti i più significatici sono:
a) consumo del glicogeno
b) perdita di liquidi
c) affaticamento muscolare
a) Quando si procede a buon ritmo, come avviene per gran parte delle competizioni di resistenza, i muscoli producono energia utilizzano il glicogeno, una risorsa limitata. Con il progressivo abbassamento delle riserve i muscoli ricorrono all’utilizzo dei lipidi, un elemento che richiede un maggior apporto di ossigeno. Per “bruciare” un grammo di grassi serve quasi il doppio dell’ossigeno rispetto ad un grammo di glucosio.
Per far arrivare più ossigeno ai muscoli il cuore deve pompare più sangue in circolo, o meglio, lo fa scorrere in giro più velocemente.
b) La perdita di liquidi, gran parte dissipati con la sudorazione, determina un aumento di attività del processo di termoregolazione. Per mantenere la temperatura corporea entro livelli fisiologici, il sangue viene inviato ad una superficie del corpo sempre più ampia. Anche in questo caso è il cuore che deve farsi carico del compito.
c) In seguito alle innumerevoli contrazioni muscolari e alle sollecitazioni che si generano ad ogni contatto con i piedi sull’asfalto, la fatica aumenta chilometro dopo chilometro. [...] La corsa si fa più pesante, gravosa e si spendono più energie, proprio nel momento in cui ce ne sono sempre di meno. Anche in questo caso è il cuore che deve farsi carico del lavoro per mantenere un adeguato flusso di materiale energetico ai muscoli.
L’aumento della frequenza cardiaca sotto sforzo rileva quindi che il corpo sta perdendo sempre più efficienza. Insomma, si tratta di uno stato di allerta che non andrebbe del tutto ignorato sebbene sia, come evidenziato, fisiologico che si verifichi un progressivo aumento dell’impegno di tutto il corpo mano mano che si procede verso il traguardo.
La deriva della frequenza cardiaca si verifica in tutti gli atleti, pure tra i più forti perché anche il loro corpo risente degli effetti dello sforzo, della fatica e della stanchezza. La differenza si evidenzia però nei tempi e nell’ampiezza del fenomeno. In linea di massima, con variazioni anche piuttosto marcate da soggetto a soggetto, i primi segni della deriva della frequenza cardiaca si notano dopo un’ora e un quarto circa di gara. Nei top runner impegnati in maratona si manifesta uno scostamento delle pulsazioni verso l’ora e mezza. Più tardi si alzano le pulsazioni, tenendo sempre un ritmo costante e procedendo in pianura, più efficiente è il sistema fisico e quindi più allenato e affidabile è l’atleta. Si deve anche considerare che ci sono podisti che rilevano un allontanamento delle pulsazioni dal range di crociera molto più tardi, anche dopo un paio d’ore dal via, ma si tratta di soggetti che finiranno la prova molto dopo e che quindi procedono ad un passo veramente agevole, tale da non logorare l’efficienza fisica.
Per valutare l’efficienza di un atleta al passo gara si deve anche prendere in considerazione l’entità dell’aumento delle pulsazioni. Per i top runner e i corridori efficienti la deriva raggiunge un differenziale medio di 5 pulsazioni, con un massimo di 7-8, mentre i podisti meno adattati allo sforzo i valori possono anche raddoppiare.
E’ la seduta a ritmo maratona, e/o la corsa media, a fornire indicazioni accurate sul livello di efficienza. [...]
In definitiva, per verificare il proprio livello di efficienza prima di correre una maratona è molto utile valutare quanto costa, in termini d’impegno fisico tangibile, correre al passo della gara. I dati del cronometro evidenziano un responso oggettivo, esterno al contesto dello sforzo fisico e questi valori andrebbero correlati alla risposta del corpo alla sollecitazione. [...]"
(l'articolo completo: http://www.antonellovargiu.com/2015/01/limportanza-del-passo-costante-scritto.html)
Volendo estrapolare quindi dei valori indicativi da questo articolo:
- in un atleta ben allenato (quindi un top runner) per circa un'ora e un quarto la deriva non si verifica o è trascurabile
- se la deriva arriva dopo due ore probabilmente si sta andando sotto al proprio potenziale
- per un amatore è normale arrivare a 15/16 pulsazioni di deriva alla fine della maratona
Penso quindi di poter valutare un medio a ritmo maratona di 1 ora senza deriva come fattibile per me, in fase avanzata di preparazione, come verifica
un'idea folle: correre la MARATONA di new york partendo da zero. Il diario e gli appunti di viaggio di un amatore innamorato della corsa e appassionato di numeri.
Note al volo
27.01.17 4x1000 rec 2'15'' 4'47''
04.01.17 medio 5'26''
strada/tapis= x^1,07
Factor foot pod: 101.3%-0.979
04.01.17 medio 5'26''
strada/tapis= x^1,07
Factor foot pod: 101.3%-0.979
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