I vari calcoli puramente statistici che si basano sulle formule tipo l'arcinota
220-età
o similari possono andare bene per una buona parte della popolazione (con me funziona quasi alla perfezione) ma potrebbe avere scostamenti anche importanti (10/15bpm) dalla frequenza massima reale, quindi vanno bene per fini statistici, non per conoscere la propria frequenza cardiaca massima.Misurarla sul campo non è semplice. Esistono diversi metodi e nel tempo ne ho provati alcuni, identificando quello che secondo la mia esperienza è il migliore: gli scatti in salita.
Si identifica innanzitutto una pendenza importante di circa il 15% (+o-2) lunga tra i 150 e i 200 metri a seconda del livello (nel mio caso avevo calcolato circa 160m). Per identificarla e calcolarne la pendenza si può utilizzare il form e le istruzioni che ho recentemente inserito qua: http://da0a42.blogspot.com/2015/12/come-calcolare-la-pendenza-media-di-una.html (meglio se una pendenza costante o al limite progressiva, cioè che aumenta leggermente verso la fine, ma non che diminuisce).
Dopo un adeguato riscaldamento lento di 15/20' si percorre questa salita 4/5 volte a circa l'80% delle proprie possibilità, cioè con un po' di margine, e un ritorno al passo.
Dopo un riposo di circa 2' si effettuano 2 prove al massimo delle proprie possibilità, con un recupero di 2' tra le due prove.
La frequenza massima registrata è molto probabile che sia quella massima reale.
Un altro metodo che mi ha restituito lo stesso valore (forse leggermente più lungo da recuperare visto il lattato prodotto) è il test dei 7', tanto usato da Pizzolato, e col quale si può anche avere un'idea dei propri potenziali sui 10km, un'idea della propria VAM (velocità aerobica massima) e del proprio VO2MAX. (ne avevo parlato qua: http://da0a42.blogspot.com/2014/07/il-mio-test-dei-7-minuti-sono-aerobico.html)
Dopo adeguato riscaldamento si percorrono al massimo delle proprie possibilità 7 minuti di corsa su percorso piano, magari una pista di atletica. (7 minuti perche alcuni studioni hanno dimostrato che in prossimità del massimo consumo di ossigeno l’atleta è in grado di sostenere lo sforzo per circa 7′)
Al di là del valore scientifico della prova o del significato fisiologico di questi termini 7 minuti di sforzo massimale restituitanno molto probabilmente un valore in termini di frequenza cardiaca massima uguale o molto simile a quello massimo reale, se lo sforzo è stato correttamente distribuito.
Su internet ho trovato anche un altro test ma per me non ha funzionato molto bene, probabilmente anche vista la mia scarsa abitudine alle brevissime distanze e alla mia conseguente incapacità di dosare lo sforzo in tempi così ridotti. In sostanza si tratta di correre 800m al massimo (2 giri di pista), recuperare circa 2' e poi sprintare per un 400m tirato, con finale al massimo (ultimi 100m).
Nel mio caso non aveva funzionato molto bene, restituendo un valore più basso della mia massima, ma come dicevo probabilmente dipende anche dalle mie caratteristiche.
Mi è successo un paio di volte di registrare la mia frequenza massima (che per la cronaca è 172bpm) anche nel finale di due gare parecchio tirate, una 10km con uno sforzo molto ben distribuito e uno scatto finale imperioso, e una mezza maratona in progressione, cominciata leggermente sotto tono per metà gara, e terminata con un ultimo km molto molto veloce. Difficilmente si raggiunge la frequenza massima in una mezza maratona ma probabilmente è stata proprio quella condotta "non usuale" che mi ha riservato energie supplementari alla fine.
Sulla frequenza cardiaca massima ho scritto anche altri articoli, se ti interessa: http://da0a42.blogspot.it/search/label/frequenza%20cardiaca
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